NON PERFORMING LOANS (NPL)
Possibili soluzioni

COSA SONO

I non performing loans (prestiti non performanti) sono attività che non riescono più a ripagare il capitale e gli interessi dovuti ai creditori. Si tratta in pratica di crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per ammontare dell’esposizione. I non performing loans nel linguaggio bancario sono chiamati anche crediti deteriorati e si distinguono in varie categorie fra le quali le più importanti sono gli incagli e le sofferenze.

Banca d’Italia definisce le sofferenze come crediti la cui riscossione non è certa da parte degli intermediari che hanno erogato i finanziamenti perché i soggetti debitori risultano in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni equiparabili. Per ovviare a questo genere di rischi di solito gli intermediari creditizi accantonano delle riserve apposite in proporzione al credito a rischio e alla sua condizione.

 

Gli incagli rappresentano delle esposizioni nei confronti di soggetti in situazione di difficoltàobiettiva, ma temporanea. A differenza delle sofferenze pertanto gli incagli rappresentano dei crediti che in un congruo periodo di tempo si suppongono recuperabili. In una scala del rischio dunque gli incagli si pongono un gradino al di sotto delle sofferenze e richiedono pertanto accantonamenti inferiori nelle riserve contro il rischio.

Un altro genere di crediti deteriorati è costituito dalle esposizioni ristrutturate. Si tratta in genere di esposizioni che una banca (da sola o in pool) modifica cambiando le condizioni contrattuali e subendo una perdita. Il cambiamento è dettato da un deterioramento delle condizioni finanziarie del debitore e può risolversi, per esempio, in un riscadenziamento del debito.

Un altro tipo di credito deteriorato è costituito dalle esposizioni scadute e/o sconfinanti: si tratta in genere di esposizioni che non risultano inquadrabili nelle categorie precedenti e risultano non onorate da oltre 180 giorni. Per alcuni crediti di questo tipo le disposizioni di Vigilanza fissano in 90 giorni soltanto il termine massimo.

Per sorvegliare il rischio a livello sistemico la Banca d’Italia ha creato la Centrale dei rischi, un archivio nel quale confluiscono le posizioni debitorie di ogni soggetto nei confronti di tutti gli intermediari permettendo per ogni debitore il calcolo della posizione globale di rischio e consentendo ai singoli intermediari di controllare la solvibilità dei clienti.


POSSIBILI SOLUZIONI

I fondi hedge internazionali hanno messo gli occhi sui Npl in pancia alle banche italiane e queste ultime non attendevano altro. Infatti, dopo gli stress test della Banca centrale europea (Bce), l’urgenza è quella di ripulire ancora, e in modo pressoché duraturo, i bilanci. Per farlo ci possono essere tre vie: consolidarsi con altri soggetti, creare una bad bank nella quale inserire gli asset peggiori (come fatto dalle banche iberiche, ndr) oppure vendere pacchetti di asset deteriorati a terzi. È quest’ultima la strada che stanno intraprendendo gli istituti di credito italiani. Cedono asset a chi ha la possibilità di gestirli in modo più specifico e a chi è in grado di mitigare le eventuali perdite sui singoli portafogli.

L’interesse dei fondi internazionali per i Npl delle banche italiane potrebbe avere un effetto benefico immediato. Per ovviare ai problemi di accesso al credito delle piccole e medie imprese nell’area euro periferica, la Bce ha lanciato le Targeted longer-term refinancing operation (Tltro), operazioni di rifinanziamento a lungo termine mirate, e il programma di acquisto dal mercato secondario di covered bond, Asset-backed security (Abs) e Residential mortgage-backed security (Rmbs), titoli cartolarizzati.

Eppure, secondo gli ultimi dati presenti sui database dell’istituzione guidata da Mario Draghi, gli effetti positivi sui tassi d’interessi applicati dalle banche alle Pmi, almeno in Italia, non si sono ancora visti. Le azioni della Bce non sono abbastanza incisive. Non è una questione di liquidità sistemica, che abbonda, bensì di altro. Secondo la maggioranza degli investitori internazionali, la colpa è relativa alla mole di incagli che appesantisce i bilanci degli istituti di credito. Prima diminuiscono, prima potranno essere riaperti i cordoni della liquidità, prima le imprese potranno tornare a respirare.